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Investire in educazione, un percorso per uscire dalla crisi. Venerdì ore 17.30 all’Istituto Catullo

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Venerdì 21 ottobre con inizio alle ore 17:30 nell’Aula Magna dell’Istituto I.S. Catullo di Belluno si svolgerà la prima Conferenza pubblica del ciclo intitolato Investire in educazione, un percorso per uscire dalla crisi organizzato dall’Associazione di Cittadini per il recupero della Gabelli.

istituto-catullo-140x118Relatrice sarà la professoressa Margherita Carloni, dirigente scolastica, referente per il Veneto della rete Scuole senza zaino che parlerà proprio dell’esperienza della rete e delle sue prospettive di introduzione nelle scuole primarie e superiori bellunesi.
Nel Bellunese la sperimentazione si sta infatti diffondendo velocemente. L’anno scorso una delegazione di dirigenti scolastici ha fatto visita all’Istituto Comprensivo Montespertoli diretto dalla prof.ssa Carloni e da allora si è diffusa l’idea di introdurre la sperimentazione “senza zaino”. L’ I.C. di Longarone è già partito quest’anno e sulla linea di partenza per il prossimo anno si stanno ponendo anche l’ I.C. 2 di Belluno, gli II.CC. di Ponte nelle Alpi e di Trichiana-Limana, il Liceo Giustina Renier di Belluno.

Ma cos’è una “scuola senza zaino” ?
è nata a Lucca nel 2002 da una idea sviluppatasi sulla scia della pedagogia montessoriana messa in pratica da un team di nove insegnanti.
Il nome, emblematico, nasce dalla considerazione che “lo zaino trasmette un senso di precarietà, non è un caso che sia stato inventato per gli alpinisti e i soldati per resistere in luoghi inospitali. A scuola invece il bambino deve sentirsi all’interno di una comunità, accogliente e in grado di renderlo autonomo e responsabile”.
Quest’idea pedagogico educativa si è estesa rapidamente in tutta la penisola e oggi 127 istituti scolastici aderiscono alla rete nata tra le Scuole senza zaino.

Il progetto coinvolge soprattutto le scuole primarie ma non mancano gli esperimenti in quelle dell’infanzia e nelle scuole secondarie.
Nella didattica delle scuole le classiche aule sono superate.
C’è un angolo per l’informatica con due computer connessi al web.
C’è un angolo chiamato agorà (termine che nell’antica Grecia indicava la piazza principale delle città) arredato con una pedana e morbidi cuscini disposti a semicerchio dove i bambini si accomodano per leggere un libro, da soli o in gruppo, anche durante le lezioni frontali.
Un altro spazio è dedicato alle esercitazioni, dove il bambino ha a disposizione delle schede di autovalutazione sulle varie materie, per esercitarsi quando ha delle difficoltà.
A scuola non occorre che i bambini prendano appunti: devono imparare ad ascoltare e a fare domande. E l’insegnamento non è standardizzato, ma differenziato in base alle necessità e alle competenze del gruppo o del singolo. Non c’è una regola, il carico di lavoro dipende dalle esigenze dei bambini, comprese le verifiche, personalizzate.
Un altro caposaldo della “scuola senza zaino” è la solidarietà e la collaborazione fra i compagni.
Per il materiale didattico ogni famiglia versa un piccolo contributo annuo. Saranno poi gli insegnanti a procurarlo presso i grossisti della zona. La spesa include anche una cartellina in pelle, sottile e leggera, con manico e bretelle. Serve per portare i compiti a casa, una scheda, al massimo un quaderno, quando c’è bisogno.

Sul progetto Marco Orsi, che ne è il promotore, ha pubblicato il testo “A scuola senza zaino. Il metodo del curricolo globale per una scuola comunità” (Erickson, 2006).

 

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