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Channel: Pausa Caffè – Bellunopress – Dolomiti
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Castello di Lusa, Accademia del Melograno. L’antica dimora feudale dei Vescovi di Feltre e Belluno alle porte del Parco delle Dolomiti bellunesi

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FELTRE – Il Castello, che prende il nome dei Lusa, un tempo signorotti quasi onnipotenti dalle parti di Feltre, è accovacciato a strapiombo sul torrente, affogato nel verde come volesse nascondersi. E, pure, la nobiltà sprizza ancora dalle mura austere anche se non più turrite, dai contrafforti ora ammorbiditi, dalle feritoie occhieggianti all’intorno. Il portone che introduce alla dimora riceve i visitatori con il sussiego di un maggiordomo d’altri tempi che incute se non timore, almeno riverenza.
castello-di-lusa-feltreI castellani Federico, Laura ed Oscar sorridono agli ospiti. Le gloriose mura, le stanze ricche di signorile longevità trasudano storia secolare. È questa un’ antica dimora non disgiunta da obiettivi militari (tecnicamente poteva soltanto imporre il ritardo di eventuali truppe d’assalto e non certo resistere ad un assedio) che offre ai visitatori documenti e curiosità che vanno dalla preistoria al Settecento. L’ immensa passione, unita ad una straordinaria e variegata cultura teorica e pratica, di Federico, Laura e Oscar ha trasformato mura ormai destinate al sonno dei ricordi in un centro museale che lascia a bocca aperta chi vi si avvicina. Il sorriso dei tre castellani spiega all’incantato visitatore la storia degli innumerevoli cimeli catalogati in stanze fluenti di frammenti di civiltà poliedriche che hanno solcato il tempo.
Oggi il castello-dimora dei Lusa, e di chi poi li ha sostituiti, è diventato palazzo della memoria. A volte rincorriamo lontano da casa monumenti che impallidiscono a confronto di gioielli vicino alle nostre contrade. Gli anfratti del castello offrono al ricercatore appassionato “ostraka” dei Paleoveneti, dei Reti o dei Romani. Il passato in ogni sua manifestazione qui trova nuova vitalità: dalle monete agli strumenti musicali, dall’abbigliamento ai quadri, dalle sculture all’arredamento casalingo, dall’editoria libraria a statue lignee di derivazione ecclesiastica, da orologi da campanile meraviglie della tecnica (d’allora ma anche odierna) alle imponenti cassepanche nuziali o armadi in stile.
Per assaporare le mirabilia di questo museo basta a malapena la manciata di ore che i castellani-ciceroni dedicano ai curiosi. I quali, concluso il perimetro espositivo, rimangono imbambolati di tanta grazia. Ma ancor più si meravigliano che un minimanipolo di studiosi sia riuscito a costruire, con le proprie cure, uno splendore di tale abbondanza. In un quarto di secolo, dal 1970 al 1995, con tenacia e ardore che uniscono raffinata professionalità ed entusiasmo di neofiti, è nato il Centro per la documentazione e lo studio delle arti applicate della cultura materiale e delle tecniche artigianali antiche. La dizione è un po’ lunga, ma potremmo sintetizzarla in quella più comoda di “Accademia del Melograno”, l’altra realtà culturale che ha sede nel Castello. Che non è soltanto un orpello da aggiungere a qualche targa, ma un’associazione che riunisce cultori e custodi della nostra memoria. Dal “Melograno” è uscito qualche anno fa un libro, frutto di un convegno, dal titolo per lo meno suadente: “Il bello, l’utile, lo strano nelle antiche dimore venete”. Ed è uno spreco che un così bel lavoro, anche tipografico, resti neghittoso negli scaffali delle biblioteche perché si legge con curiosità e grande interesse.
Il Castello di Lusa ora è tornato ad essere protagonista storico. Non più di potenza politica o di tracotanza signorotta, che in qualche rappresentante di famiglia non deve essere mancato come da buona e consolidata regola storica, ma di cultura viva, degna di essere conosciuta, ammirata. Anzi, gustata. Perché ci si allontana da queste splendide mura, così ben restaurate dagli attuali proprietari, con il palato arricchito di una indimenticabile cavalcata storica.
Superfluo elogiare i castellani perché meritano molto di più: ammirazione che giunge all’affetto per la gentilezza con cui hanno saputo resuscitare secoli di storia feltrina e bellunese. Non è il caso che qualche istituzione li premi e valorizzi i loro sforzi culturali? Anche come biglietto da visita per il territorio.

Sante Rossetto

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