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Errori d’ortografia, licenziata una maestra. Ma se a sbagliare la pronuncia è il Papa?

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Nei giorni scorsi ha fatto notizia su tutti i media la docente che aveva scritto il termine “squola” in maniera che, ai nostri lontani tempi delle elementari, le maestre ci indicavano come una eresia, pur linguistica. La professoressa è stata licenziata. E con ignominia.

Sante Rossetto

In linguistica vi sono due aspetti da considerare: la ortografia e la ortoepia. La prima riguarda la corretta scrittura, la seconda la corretta pronuncia. In italiano sono ortograficamente corrette le forme “scuola”, “cuore” e simili. Se, però, si scrivesse “squola” o “quore”, la ortoepia sarebbe la stessa delle forme ortograficamente corrette. Infatti “squola” e “scuola” si pronunciano alla stessa maniera e analogamente per “cuore” e “quore”. Così insegnava, come dimostra l’evidenza, quel grande glottologo che fu Carlo Tagliavini, padre del non meno celebre organista Ferdinando.
Ma, ci chiediamo, se scrivere una parola errata ortograficamente è un fatto degno di punizione, pronunciare un termine in maniera sbagliata non è altrettanto meritevole di biasimo?
Quanti non si sono indignati sentendo l’indecente strazio che speakers, giornalisti e via elencando fanno nel pronunciare nomi e termini stranieri? Il giorno di capodanno si annunciava che l’orchestra di Vienna erano i “Wiener” Philharmoniker (pronunciato viéner, quando ognuno sa che è vìner), per non dire di Waterloo pronunciato uòterlo come se la località si trovasse al di là della Manica e non nell’attuale Belgio (al tempo della celebre battaglia il Belgio non esisteva ancora come Stato autonomo). E si potrebbe continuare con la falcidie di nomi in genere tedeschi pronunciati come fossero inglesi.

Anni fa uno studente universitario si era presentato all’esame di storia dell’arte. Al professore che gli aveva chiesto di esporgli la corrente del neoclassicismo e del suo iniziatore, il giovane aveva risposto che il movimento aveva preso le mosse da Uìnkelmann, noto storico dell’arte tedesco che ha la grafia Winckelmann. Non so se il professore, come talora succedeva, fosse sobbalzato sulla sedia, certo è che gli ha restituito immediatamente il libretto dicendo di andare a studiare giacchè la corretta pronuncia è Vìnkelmann.
E si può continuare con una emittente nazionale dove il Baden Wuettenberg (Baden Vittenberg) diventa Baden uittenberg. Per tacere, e sarebbe proprio da tacere per la vergogna visto che almeno un tempo anche i bambini della prima media lo sapevano, del motto “Memento audere semper” che in una tv nazionale è diventato “Memento àudere semper” invece del corretto “audère” (il verbo è della seconda coniugazione”).
A incorrere in inesattezze di ortoepia è stato, recentemente, anche il Papa che, in diretta televisiva, leggendo il testo latino ha detto recìpe al posto del corretto rècipe. Eppure il latino è, o almeno era, la lingua della Chiesa.
Fermo restando che chi sbaglia è giusto che venga punito, o almeno ripreso, perché scagliarsi contro soltanto una colpevole professoressa e starsene zitti di fronte ad altrettanto gravi errori di pronuncia? Se si punisce l’errore di ortografia altrettanto si faccia per chi non sa, mentre dovrebbe, la ortoepia.
Altrimenti sarebbe meglio che tornasse a squola. Pardon a scuola.

Sante Rossetto

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